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Trento 4 luglio 2022
DOMANDE A MARCO BOATO SU ALEXANDER LANGER
Intervista di Chiara Rinaldi,
laureanda presso l'Istituto superiore di scienze religiose, sede di Bolzano

1) Le chiedo se può spiegarmi bene il rapporto di Alexander Langer con la religione cristiana.  Ho letto alcuni suoi scritti giovanili a tema cristiano (giovanissimo proclama il suo aiuto aperto a tutti accostandolo alla carità cristiana), ma mi è sembrato di percepire un distacco (forse una delusione) verso la Chiesa cattolica negli anni della maturità. Quale è stato il suo rapporto con la Chiesa (anche sudtirolese)?

Naturalmente bisogna essere molto cauti e rispettosi della sua coscienza e della sua sfera più intima nel parlare del rapporto tra Langer e la religione cristiana. Suo padre Artur (viennese) era di origine ebraica e si può parlare di lui come di una persona interamente “laica”. Sua madre, Elisabeth Kofler, era cattolica, ma – anche negli anni del cattolicesimo “pre-conciliare” – non era affatto “clericale” o “integralista” sul piano religioso. Comunque, con molto rispetto, ha trasmesso la sua fede cristiana ai tre figli, dei quali Alex era il maggiore (Martin e Peter gli altri due).

È stato lui a scegliere autonomamente di frequentare a Bolzano (dalla sua Vipiteno/Sterzing nativa) le scuole medie, inferiori e superiori, dai Francescani e non nella scuola pubblica.

Nel periodo della sua adolescenza ebbe anche l’intenzione di diventare francescano lui stesso. Il padre gli propose di non farlo finché era ancora minorenne (all’epoca la maggiore età era a 21 anni) e di decidere liberamente solo quando fosse diventato maggiorenne. Cosa che Alex poi non fece, pur conservando per tutta la vita una forte impronta “francescana” (persino nel modo di vestire).

Durante il Liceo dai Francescani ha fatto parte dell’associazione cattolica “Congregazione mariana”, con la quale nel 1961 ha promosso il mensile in lingua tedesca “Offenes Wort” (“Parola aperta”), scrivendovi articoli profondamente intrisi di impegno evangelico (uno di questi si intitolava “Il cristianesimo rivoluzionario”). Ha vissuto gli ultimi anni del Concilio ecumenico Vaticano II e i primi del dopo-Concilio da studente universitario di Giurisprudenza a Firenze, facendo esperienza anche del cosiddetto “dissenso cattolico”, in rapporto sia con la Comunità dell’Isolotto guidata da don Enzo Mazzi, sia con la rivista “Testimonianze”, fondata da padre Ernesto Balducci, imparando a conoscere anche don Lorenzo Milani e la sua Scuola di Barbiana (tradusse, dopo la sua morte, in tedesco la “Lettera a una professoressa”, insieme a Mariane Andre).

Matura in quegli anni anche una posizione critica rispetto alla Chiesa istituzionale, di cui è prova l’articolo pubblicato in “Testimonianze” nel novembre 1969, sotto il titolo “Contro la falsa democratizzazione della chiesa” (tratto da una sua relazione, tenuta nel maggio 1969 a Tübingen, alla “Paulus Gesellschaft”). Questa sua evoluzione critica ovviamente si riflette anche nel rapporto con la Chiesa sudtirolese, con la quale tuttavia non ha mai avuto momenti di rottura. E con il vescovo Wilhelm Egger ha avuto poi un rapporto di stima e amicizia reciproca.

2) È possibile parlare di una radice ebraico - cristiana che ha influenzato il suo pensiero?

Sicuramente questa radice ebraico-cristiana è presente sia nel suo contesto familiare, sia nella sua sempre presente ispirazione in riferimento alla Bibbia, con Il Vecchio e il Nuovo Testamento. Numerosi sono i suoi scritti, lungo tutta la sua vita, in cui questa duplice radice biblica è ricorrente e trasparente.

3) Di che tipo di ambiente cattolico possiamo parlare all'inizio della vita di A. Langer?

L’ambiente cattolico in cui Langer è cresciuto è quello che si evolve dalla concezione pre-conciliare della “cristianità” costituita alla nuova fase aperta dalla preparazione, prima, e dalla celebrazione, poi, del Concilio ecumenico Vaticano II, che segna una svolta rispetto alle chiusure dogmatiche e spesso integraliste della Chiesa “pacelliana”, della Chiesa di papa Pio XII, con il nuovo pontificato assai più aperto di Giovanni XXIII (1958-1963), basato su di una impronta fortemente “pastorale”.

4) Quali erano i rapporti di Alexander Langer con il vescovo Gargitter?

Non sono a conoscenza di rapporti particolarmente stretti di Langer con l’allora vescovo Joseph Gargitter (vescovo prima solo di Bressanone dal 1952 e poi, dal 1964, di Bolzano e Bressanone). Credo che Langer abbia apprezzato i tentativi di Gargitter di promuovere i valori del dialogo e della convivenza pacifica negli anni del terrorismo sudtirolese. Ma, al tempo stesso, Gargitter aveva inevitabilmente un rapporto molto stretto con il partito maggioritario, la Svp, ed era anche critico rispetto ai fermenti più radicali che emergevano dall’interno del mondo cattolico (e non solo) negli anni dei movimenti di contestazione, politica ed anche ecclesiale.

5) Nella sua vita Langer ha conosciuto e frequentato moltissime personalità provenienti da diversi ambienti e anche importanti interlocutori di ambito ecclesiale (don Milani, don Mazzolari, padre Balducci, padre David Maria Turoldo, Ivan Illich, don Tonino Bello). Era lui che li cercava? Quale influenza hanno avuto su di lui? È possibile considerarli maestri?

Sicuramente alcune di queste figure ecclesiali sono stati punti di riferimento importanti nella formazione di Alex Langer. Don Primo Mazzolari è morto troppo presto (12 aprile 1959), quando Langer aveva solo 13 anni, pur se la sua testimonianza pastorale ha avuto una profonda eco anche successiva. Oltre ai nomi citati, va ricordato don Enzo Mazzi, parroco (contestato dal card. Florit, all’epoca vescovo molto conservatore di Firenze) dell’Isolotto, con cui Alex ebbe uno stretto rapporto di collaborazione quand’era studente a Firenze. Con padre Ernesto Balducci ebbe una relazione negli anni del Concilio e del post-Concilio, collaborando anche alla sua rivista “Testimonianze”. Con Ivan Illich ebbe un rapporto di stima e di amicizia molti anni dopo, soprattutto sui temi della “convivialità” (e non solo). Del vescovo Tonino Bello divenne amico, collaboratore ed anche grande estimatore. Mio tramite, divenne amico in forma epistolare e con rapporti telefonici di don Loris Capovilla, già segretario di papa Giovanni XXIII, nei lunghi anni in cui si era ritirato a Sotto il Monte (BG). Con don Loris Capovilla (che era stato anche vescovo di Chieti e Vasto e delegato apostolico a Loreto) avevamo programmato anche una visita comune, per un incontro diretto con lui a Sotto il Monte, ma la morte volontaria di Alex sopraggiunse prima. Di lui Capovilla ha scritto un elogio straordinario ed anche la prefazione al libro che gli ho dedicato nel 2015 (“Alexander Langer. Costruttore di ponti”, La Scuola-Morcelliana, Brescia, 2015). È stato forse l’ultimo scritto di Capovilla prima della sua morte centenaria, il 26 maggio 2016.

6) Leggendo le biografie su A. Langer si percepisce una "vita frenetica" spesa per la politica ma non solo. Potremmo dire che egli avesse una "urgenza di fare il Bene"? E questo Bene si può considerare in una prospettiva cristiana oppure era una spinta laica e solo eticamente qualificabile?

Langer non ha mai abbandonato l’impegno straordinario per “tutti” (come scriveva già a 15 anni in “Offenes Wort”), che lo ha caratterizzato per tutta la sua vita, sia pure in forme diverse a seconda delle varie fasi storiche. In lui è sempre stata molto forte tanto l’ispirazione cristiana (anche quando non era più “praticante”, espressione del resto di vago sapore controriformista, a lui non confacente), quanto la consapevolezza della dimensione “laica” dell’impegno politico e culturale. E contemporaneamente era fortissima in lui la dimensione “etica”, portata fino alle estreme conseguenze.

7) In uno dei biglietti lasciati da A. Langer prima della sua morte viene citato un passo biblico. Il suo suicidio può contenere un bilancio della sua vita? E il riferimento al Vangelo quale bilancio ci consegna?

Negli ultimi anni della sua vita, Alex Langer ha vissuto una depressione profonda, che forse avrebbe dovuto essere affrontata anche sul piano terapeutico, cosa che non avvenne. Lo ha dichiarato apertamente all’inizio dell’ultimo messaggio, scritto (in tedesco) poco prima di morire: “I pesi mi sono divenuti davvero insostenibili, non ce la faccio più”. Anche quando fa riferimento ad una citazione evangelica – “Venite a me, voi che siete stanchi ed oberati” – aggiunge purtroppo: “Anche nell’accettare questo invito mi manca la forza”. Il vescovo di Bolzano Wilhelm Egger – che di Alex era estimatore ed amico e che l’aveva fatto parlare in chiesa a Bolzano della figura di Giona – sottolineò con sofferenza la mancanza della frase conclusiva, durante la funzione funebre nella Chiesa dei Francescani: “Ed io vi darò ristoro”. Non credo si possa dire che l’ultimo messaggio di Alex costituisca “un bilancio della sua vita”. In realtà, è tutta la sua vita che illumina la sua morte, pur volontaria. Anche se tutti, ancor oggi, fanno riferimento positivo alle sue ultime parole scritte: “Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”. Il riferimento al Vangelo è stato sempre presente nell’arco di tutta la vita di Langer, anche se ha concluso la sua vita sotto l’oppressione dei troppi pesi di cui si era caricato, volendo sempre fare il bene di tutti.

8) Vorrei chiedere anche, a chiarimento dei testi che ho letto, se i contenuti dei tre biglietti lasciati da Langer sono stati resi pubblici, perché trovo nei libri solo il testo di uno dei biglietti.

Il messaggio finale, che è stato conosciuto da tutti, è quello fondamentale, che esprime una sorta di pur disperato testamento spirituale. Gli altri due brevi messaggi (non a caso scritti in italiano) erano esclusivamente rivolti a sua moglie Valeria Malcontenti. Io li ho letti, ma è stato giusto farli rimanere riservati, perché riguardavano esclusivamente il suo rapporto di amore con la moglie, nel momento dell’estremo distacco.

 

  Marco Boato

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